Il piano inclinato by Romano Prodi

Il piano inclinato by Romano Prodi

autore:Romano, Prodi [Prodi, Romano]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Politica, Voci
ISBN: 9788815332769
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2017-09-14T22:00:00+00:00


Per la redistribuzione

■ In questo quadro così complesso e pieno di difficoltà è ancora possibile evitare che il lavoro (per usare un termine antico) continui a perdere di valore?

Abbiamo già sottolineato come vi sia una crescente divaricazione tra lavori qualificati e non: nell’ambito del mondo del lavoro le differenze non fanno che aumentare. E questo in parte per effetto delle nuove tecnologie, in parte per la ormai diffusa accettazione sociale di tali differenze, considerate inarrestabili. Negli ultimi anni si è tuttavia accentuata un’ulteriore frattura nel mercato del lavoro, quella fra lavoratori tutelati e lavoratori non tutelati.

Anche se è innegabile che le imprese hanno bisogno di una maggiore flessibilità nell’uso della forza lavoro per recuperare produttività, è altrettanto vero che questo processo deve essere accompagnato da un’azione di investimento sulle risorse umane, per renderle capaci di affrontare con possibilità di successo i sempre più rapidi cambiamenti. Molte imprese hanno invece interpretato la flessibilità come uno strumento dedicato esclusivamente alla riduzione immediata dei costi, nella speranza di poter rimanere competitivi prevalentemente per questa via.

Ovviamente se, per diventare competitivi, si sceglie di percorrere questa strada, non basta una quota di lavoro precario e a basso costo, ma si finisce con l’intaccare l’intero mercato del lavoro e ridurre l’intera capacità contrattuale dei lavoratori, compresi i tutelati.

In assenza di un’efficace politica industriale e di un’azione di difesa del lavoro dagli effetti della globalizzazione e della tecnologia, questa miope strategia è diventata progressivamente la linea guida della politica economica.

■ La perdita di rilevanza politica di fasce importanti della società e più in generale l’indebolimento degli strumenti di rappresentanza organizzata dei lavoratori, sia dipendenti che autonomi, e delle stesse imprese è quindi una causa rilevante della crescente diseguaglianza?

Questo indebolimento è certamente collegato ai processi di globalizzazione, con la perdita di capacità contrattuale di molte aree di lavoro sottoposte alla concorrenza dei lavoratori a basso costo dei paesi emergenti, ma ha in Italia anche motivazioni «domestiche», legate a politiche che hanno favorito la frammentazione del mercato del lavoro e l’individualizzazione delle forme contrattuali. Politiche mirate a ridurre la rigidità di alcuni istituti nella convinzione che si potessero rincorrere su questo versante le condizioni di vantaggio dei paesi emergenti.

Certamente ci sono ambiti di eccessiva rigidità difesi da un’impostazione «conservatrice» non sempre giustificabile e sostenibile, ma l’indebolimento dei corpi intermedi che storicamente hanno costituito un elemento di equilibrio sociale non può essere una risposta accettabile.

È tuttavia doveroso sottolineare come anche questi corpi intermedi, e in primo luogo i sindacati, debbano procedere a profondi processi di revisione delle proprie modalità di azione.

Molto è stato scritto sulla lunga e progressiva crisi dei sindacati. Si sono messi in rilievo il calo degli iscritti, la minore incidenza nel mondo della politica e la quasi universalità di questo fenomeno. Negli scorsi tre decenni questa evoluzione è stata spesso accompagnata da un sentimento di soddisfazione, come se l’indebolimento del sindacato fosse correlato a un rafforzamento dell’economia.

Casi di irresponsabilità del sindacato non sono certo mancati. Si può anzi dire che l’inizio del loro declino sia simbolicamente cominciato con l’umiliazione inflitta al sindacato dei minatori da Margaret Thatcher nel lontano 1985.



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